Disastro del Vajont: una (dura) lezione della montagna da non dimenticare

Disastro del Vajont: una (dura) lezione della montagna da non dimenticare

La montagna dà, la montagna prende. E’ bene ricordarlo sempre come è bene ricordare il disastro del Vajont. Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963 quando circa 260 milioni di m³ di roccia scivolarono nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, causando un’onda di piena alta oltre 200 metri. Inevitabili fu la tragedia, che passò alla storia per i suoi oltre 1900 morti con interi paesi cancellati dalle cartine geografiche. Nel 2022 sono trascorsi esattamente 58 anni e quella lezione è più valida che mai.

La dinamica del disastro del Vajont

Secondo la ricostruzione dell’incidente del Vajont da parte dei periti:

Una serie di circostanze sfortunate fecero sì che l’enorme ammasso di roccia, precipitasse ad una velocità di circa 108 km orari, finendo nelle acque del bacino idroelettrico artificiale del Vajont, che conteneva circa 115 milioni di m³ d’acqua al momento del disastro.

E l’acqua della diga risalì il versante opposto distruggendo tutti i centri abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, riversandosi infine nella valle del Piave e trascinando nel fango il paese di Longarone e altri comuni limitrofi. Vi furono 1917 vittime di cui 1450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 originarie di altri comuni.

La lezione del disastro del Vajont

C’è una ragione se non si è mai scordata la tragedia del Vajont. La si intuisce rileggendo lo speciale che Il Corriere, otto anni fa, in occasione del cinquantennio, dedicò all’evento con immagini, video e articoli dell’epoca. Vige ancora ora un mistero sulle reali cause. Secondo alcuni studi:

Uno dei disastri idrogeologici peggiori del Novecento avrebbe una storia antica. Uno studio, condotto dal geologo Edoardo Semenza, figlio del progettista della diga del Vajont, Carlo Semenza, ha fatto emergere una novità riguardo al Vajont. L’enorme masso staccatosi dal Monte Toc potrebbe essere stato il frutto di una paleofrana, cioè di una frana preistorica staccatasi migliaia di anni prima, con un volume enorme accumulatosi nella valle e sbarrando il corso del torrente Vajont. In seguito, la vegetazione e l’erosione l’avrebbero nascosto facendolo sembrare parte del versante della montagna.

Le dichiarazioni

Sul disastro del Vajont questo disse il Tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi Domenico Angelone:

Il disastro del Vajont costituisce la fotografia di un paese miope dal punto di vista della prevenzione e della valorizzazione delle professionalità. I geologi di allora furono inascoltati esattamente come oggi, a distanza di 55 anni, si continua a maltrattare il territorio e a sfidare le forze della natura con il cemento e la perfezione teorica, in accordo con l’approssimazione politica e l’arroganza di chi continua a non voler risolvere il problema alle sue origini.

La speranza è che, ricordando ogni anno il disastro del Vajont, alla fine si tenga chiaro a mente che la sicurezza in montagna è fondamentale.

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